Descrizione
Pur adoperando le tecniche dell’arte pittorica le opere di Gianni Menichetti sono miniature dell’anima di un signore silenzioso, il quale offre ad altrui attenzioni il suo intimo amore per quel luogo del cuore, il Vallone Porto, dove vive da decenni la sua quotidianità, a difesa di una natura ancora incontaminata. Con i suoi occhi neri, profondi, incastonati in un viso di antico sapiente, Gianni Menichetti scruta l’invisibile per tutti. Paziente eremita di spiritualità orientali, Gianni trascorre le giornate di lavoro ad accudire gli animali e a dialogare con le voci della Madre Terra, a meditare sul mutare delle stagioni che vestono e denudano gli alberi, offrono fiori di sambuco e profumi d’erba rinata; a sera si raccoglie, nella luce dorata di una antiquata lampada a gas, a scrivere poesie, ad ascoltare musica da una radio a pile, a dipingere la volpe della sua tanto amata Vali Myers e la salamandrina, simbolo della sua battaglia in difesa della verginità di questo canyon. Non solo, perché ora è anche la battaglia in difesa di questo piccolo, misterioso animaletto che sta scomparendo, rischiando di restare soltanto nei ricordi di studiosi e nei disegni di Gianni Menichetti.
Dice: «E’ un anfibio assai raro, endemico della nostra penisola, che da decenni proteggo con amore. La salamandrina, infatti, è l’incarnazione del delicato e vulnerabile equilibrio di un ecosistema primevo, assediato dal lento ma inesorabile incedere dell’involutivo progresso umano, dal quale va protetta. Anche se, ormai, mi sento anch’io come un animale in via d’estinzione». Riflette, medita Gianni “alla maniera orientale” (sottolinea lui), nel silenzio della sua “Casina del Principe” da dove lo sguardo spazia sul mare di Positano: l’isola de Li Galli si offre alla vista quasi sirena distesa a mostrare al lunato cielo i seni nudi. «Qui – annotava Vali – possiamo vagare nei sogni e nella valle. Abbiamo grotte e rupi e minuscole creature selvatiche, piante e alberi e un ruscello e cascate. Questo è difficile da trovare ovunque oggi si vada». Un’oasi naturale dell’anima dove persiste il profumo del rosmarino e quello del mare, un mondo incantato, sospeso tra i tempi della natura e l’ansia di un “progresso” che vorrebbe violentarla. L’animo di Menichetti è lontano dai sogni di uomini ordinari, tesi a nuove conquiste di benessere, di lusso! «Il mio sogno è la mia libertà interiore che conquisto giorno dopo giorno».
È un cancello in ferro all’ansa del ponte sul torrente il confine tra la rumorosa civiltà di passaggio sulla strada statale 163 amalfitana e il silenzio della Valle, luogo dell’ultimo eden dove ancora vive il tempo del sogno. Quasi sussurro, dice l’artista: «La morte è un sonno, La Magia della Silenziosa Arte perciò non so dove andrò; non so cosa c’è oltre. La vita è bellezza anche se è una grande battaglia. E in questo canyon la vita è un sogno divenuto realtà ed una realtà che continua ad essere sogno». Scorre agile e dosata la penna di Gianni Menichetti sull’intonso foglio di carta: ed è il cane Pulci dai grandi occhioni che ti guardano con tenerezza, Bastienne, la capra nera, my black love (sottolinea Gianni), da lui abbracciata e la salamandrina simbolo di una infinita battaglia. All’artista non resta che imprimere su carta la sua memoria, affidare al disegno la sua lotta in difesa di quello che forse è l’ultimo Eden, almeno inquesta Costiera che tutti definiscono “divina”… sino a quando?
Con i suoi occhi neri, profondi, incastonati in un viso di antico sapiente, Gianni Menichetti scruta l’invisibile per tutti. La testa è coperta a volte da un turbante altre da una sorta di kippah, sulla fronte è tatuata un’impronta di volpe o segno di una improbabile casta indù, i due riccioli laterali (simanim, segni), lunghi sino a scendere oltre le spalle, sono retaggio di un viaggio al muro del pianto di Gerusalemme; i tatuaggi sul corpo sono dedicati agli animali che egli ha amato. Intorno è il respiro del tempo, il battito dell’universo. Dal greto giunge la voce del ruscello Porto, un leggero alito di vento accarezza le fronde: il pennino a inchiostro di china traccia segni di cromie antiche, orientali; nell’aria è accordo di parole non dette…
Sussurra: “A volte sto in lunghi silenzi ad ascoltare…”.
Vito Pinto




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