“Quello che vorrei”. In uscita il 14 Aprile il nuovo albo illustrato di Francesca Fanizza e Cecilia Cavallini

“Quello che vorrei”. In uscita il 14 Aprile il nuovo albo illustrato di Francesca Fanizza e Cecilia Cavallini

Francesca Fanizza è l’autrice del nuovo albo illustrato, edito da Gutenberg Edizioni, e illustrato da Cecilia Cavallini: un racconto emozionante sul complesso e meraviglioso rapporto Genitori-Figli. Un modo per riflettere sui sogni e le difficoltà  che toccano da vicino i “figli”, dall’infanzia all’età adulta, e che spesso vengono ignorati o sottovalutati. Ma soprattutto un botta e risposta dolcissimo e delicato che lascia trasparire un necessario ritorno a quell’empatia perduta e da ritrovare.   

Esce il 14 Aprile e si intitola Quello che vorrei e ci siamo fatti raccontare dagli autori la genesi del progetto e qualche altra piccola curiosità.  Trovi il PREORDER disponibile QUI

Due parole con Francesca Fanizza


Francesca tu sei un’autrice prolifica e con diversi albi in uscita in questo 2023, tra cui “Quello che vorrei”. Ci racconti come nasce questo percorso e come si sia evoluto?
Ho sempre amato moltissimo leggere e anche scrivere! Da ragazza mi dilettavo con la composizione di poesie e ho vinto anche un paio di premi nella mia regione. Ma quando ho scoperto il mondo degli albi illustrati ho avuto un vero e proprio colpo di fulmine, come se avessi finalmente trovato la mia collocazione letteraria. Per questo devo ringraziare mia figlia Emma, che era la
destinataria dei primi albi illustrati da me acquistati e con cui continuo a condividere questa passione, e la libraia del paese in cui vivo, Angela, che è anche una mia carissima amica.

Nei tuoi racconti c’è sempre una particolare attenzione rivolta all’emotività e alle sue sfumature. C’è un filo rosso che lega tra loro le tue storie?
Io tengo in modo particolare al fatto che ogni mio testo possa comunicare qualcosa di importante e lasciare chi lo ha letto con qualcosa in più dentro di sé. Adoro raccontare storie, ma ho realizzato che, ancora di più, mi piace descrivere emozioni e scavare un pochino in profondità alla ricerca di quelle più vere e importanti.

In “Quello che vorrei” racconti un’emozionante storia d’amore filiale con un finale inaspettato… Ci racconti com’è nata l’idea per questa storia?

Eh…bella domanda! Io lascio sempre tutti di stucco dicendo che ogni mio testo parte dal titolo. Non so se sia il modo giusto di scrivere, non so nemmeno se ne esista uno universale…ma la mia testa ragiona così! Per “Quello che vorrei” sono partita col rendermi conto che, fra le mille cose che mia figlia fa tutti i giorni, quasi mai le chiediamo cos’è che vuole fare davvero. Poi ho realizzato che succede lo stesso anche a me: senza vittimismi, non c’è nessuno che mi chieda, almeno una volta ogni tanto, che cosa voglio davvero. Da lì il titolo. Poi il dialogo è venuto fuori in maniera molto spontanea, senza una collocazione precisa di
tempo e spazio. Solo un incontro di cuori che, come molto spesso accade, inizia quasi per gioco…

Come ti sembra sia cambiato il rapporto genitore-figli negli ultimi anni? La tua storia sembra indicare una strada da seguire…
Davvero non mi permetterei mai di indicare una strada da seguire in quel guazzabuglio inestricabile che significa essere genitori!
L’importante è che ciascuno di noi cerchi di fare del suo meglio. Più che altro posso raccontare quello che cerco di fare io: parlare e ascoltare (non sempre mi riesce, però!) E poi credo fortemente nel potere inesauribile delle coccole. Sarò smielata, molti faranno una smorfia leggendo, però l’amore per me resta sempre la forza più grande dell’universo e, fra i tanti suoi metodi di
dimostrazione, le coccole sono sempre le mie preferite!

Francesca, facciamo un gioco. Ci dici quello che vorresti?
Oddio…ci vorrebbe un libro di mille pagine per questo!!! Beh, sicuramente voglio tutto quello che vuole la piccola protagonista del mio albo. Sono cose che ho scritto apposta. Poi vorrei più serenità, dentro di me, ma so anche che quella devo costruirmela da sola! Quindi parto con un volo pindarico: vorrei tanto, un giorno, poter collaborare con tre dei miei illustratori preferiti: Beatrice Alemagna, i Fan Brothers e Paolo Proietti. Ho esagerato? Però posso affermare con gioia che, alcune delle cose che volevo, finalmente, le ho ottenute, pubblicando questi albi che significano veramente molto per me!

Due parole con Cecilia Cavallini


Cecilia, come si legge dalla tua bio, da piccola disegnavi insieme al tuo papà e sognavi di illustrare libri. Puoi dire di aver realizzato il tuo sogno?
Si! Certe volte stento a credere che ci siano persone che mi affidano i loro testi per essere illustrati e che soprattutto credono nel mio lavoro  (e naturalmente in quello dell’autore) e decidono di pubblicarlo. Amo questo lavoro: la mente è perennemente affollata di personaggi e storie che molto spesso mi fanno evadere dalla realtà. Tutto quello che viaggia nella mia mente deve trovare la sua perfetta collocazione nello spazio bianco del foglio. Non sempre è facile, ma quando si raggiunge il risultato desiderato è una grande soddisfazione.

La tua è una formazione di stampo artistico. Come sei arrivata al mondo dell’illustrazione per l’infanzia?
Ho sempre disegnato e dipinto e mi hanno anche sempre affascinato le illustrazioni presenti nei libri per l’infanzia. Quando avevo un po’ di tempo libero mi immergevo negli albi e studiavo la loro costruzione ed il loro linguaggio. Poi ho avuto la fortuna di seguire nella mia città due corsi tenuti dal Professor Livio Sossi e mi si è aperto un mondo!

Nel 2019 sei entrata a far parte dei 100 illustratori per celebrare il centenario dalla nascita di Gianni Rodari. Un bel traguardo, no?
Nel 2018 ho partecipato al Concorso Lucca Junior in occasione di Lucca Comics and Games con una tavola su Jules Verne. Sono stata selezionata per la mostra omonima e qui ho conosciuto Gaia Stock di Einaudi Ragazzi. Pochi mesi dopo mi ha contattata per far parte dell’antologia dedicata a Gianni Rodari: è stato un onore!

Nell’albo in uscita, “Quello che vorrei” ritroviamo alcuni dei personaggi che affollano il tuo immaginario. Come nascono i protagonisti delle tue tavole?
Non lo so! Non faccio un provino! Penso bussino alla mia testa ed io li faccio entrare. Ci guardiamo un po’, ci studiamo, ci piacciamo, magari facciamo insieme quattro risate e se vedo nascere quella perfetta poesia che ho bisogno di sentire, il gioco è fatto!

Da illustratrice, in base a quali elementi scegli le storie da illustrare che ti vengono proposte dagli autori?
Fino ad oggi mi hanno sottoposto bellissimi testi e affini al mio modo di illustrare. Se poi la storia è surreale mi colpisce ancora di più.


Cecilia, facciamo un gioco. Ci dici quello che vorresti?
D’impatto ti dico la serenità. Questa parola abbraccia tante cose per me importanti. Invece se vogliamo giocare sul lato materialistico ti dico una casetta in pietra con le finestre color salvia da cui entra tanta luce in cima ad un colle. Un piccolo orto ed un grande studio.

SFOGLIA IN ANTEPRIMA “QUELLO CHE VORREI”

“Arcanamente”. Al Museo FRaC la personale di Pino Latronico

“Arcanamente”. Al Museo FRaC la personale di Pino Latronico

Il Museo FRaC di Baronissi ospita la mostra personale di Pino Latronico, curata da Massimo Bignardi e che sarà inaugurata sabato 25 marzo, ore 19:30. L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo 17×24, edito da Gutenberg Edizioni, a cura di Massimo Bignardi.

Un percorso espositivo tracciato da trentacinque opere, tra dipinti, disegni, acquerelli, realizzate dall’artista, nativo di Sarconi in Lucania e salernitano di adozione, dal 1978 ad oggi.

Un estratto dal testo critico di Bignardi

L’ironia, in pittura, così come è da quasi cinque decenni nell’esperienza di Pino Latronico, non assume il senso che ritroviamo nel discorso verbale, in pratica un espediente con il quale si mira ad enfatizzare o a ridicolizzare una verità, affidandosi alla correlazione tra la parola e l’espressione del viso o delle mani, tanto meno a rendere esplicito il tentativo di porre in ridicolo un concetto o, meglio, un pensiero figurato. In tal senso, penso, per fare uno dei tanti possibili esempi, alla scultura ‘Ironia’, un bronzo di Fausto Melotti del 1979, una sintesi compositiva tra una forma geometrica, il corpo e una linea curva chiusa a terra da una spirale. Questa è l’ironia che ritrovo nella pittura di Pino Latronico, di recente declinata anche in alcune prove in ceramica, piccole sculture in terracotta ingobbiata, realizzate nel corso del 2020. […]. Latronico la rende esplicita ne ‘La giostra della vita’, del 2019, un dipinto che, nella tridimensionale struttura compositiva, si serve di un meccanismo che gira su se stesso e mette in scena una giostra di figure simboliche. C’è uno scarto tra il dettato della figura, una formosa giovane donna nuda, con i caratteri fisici ai quali Pino ci ha abituati sin dalle sue prime significative opere degli anni Settanta, e la ruota che le gira intorno all’altezza del bacino e dell’inguine. Infatti, diversamente da opere quali ‘Travestimento’, oppure ‘Trasmutamento’ improbabile, entrambe dello stesso anno, che offrono dell’immagine due punti di vista – chiuso e aperto –, determinati da piani complanari, ne ‘La giostra della vita’ le soluzioni sono molteplici. La ruota ha la possibilità di girare e di relazionare il corpo nudo a figure simboliche, alternando pieni e vuoti, tale da originare nuovi dettati formali.

Biografia

Pino Latronico è nato a Sarconi, in provincia di Potenza, nel 1952. Diplomato in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ove ha studiato sotto la guida dei maestri Giovanni Brancaccio e Armando De Stefano. Ha insegnato discipline pittoriche al Liceo Artistico di Salerno. Il profondo e passionale interesse per le arti, lo spinge a travalicare la prediletta dimensione pittorica, per sperimentare ogni altra manifestazione d’arte quale la fotografia – iniziata con Mimmo Jodice nel 1973 all’Accademia di Belle Arti di Napoli – l’incisione, la scultura e la ceramica. Vulcanico ideatore e creatore di funzionali oggetti d’arte e di raffinati elementi d’arredo, è , tra l’altro, esperto ed appassionato conoscitore di ogni forma di restauro.

“Ogni volta qualcosa”. La mostra personale di Francesco Cocco

“Ogni volta qualcosa”. La mostra personale di Francesco Cocco

La Sabato Angiero Arte ospita per la prima volta la mostra personale di Francesco Cocco, curata da Rosa Esmeralda Partucci, che sarà inaugurata sabato 25 marzo, ore 19:30.  Il progetto si è avvalso inoltre della collaborazione della psicoterapeuta Santina Pierro e di Simone Foresta, nella duplice veste di archeologo e artista-fotografo (Black Napkin).

L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo (30×24), edito da Gutenberg Edizioni, a cura di Rosa Esmeralda Partucci, con testi di Beatrice Salvatore, Simone Foresta e Santina Pierro.

Ogni volta qualcosa è il titolo dell’esposizione, «tratto dall’opera Provaci ancora, fallisci meglio, che prende le mosse da un frammento testuale, sopravvissuto a un processo di sottrazione e deposto dal rigurgito metalinguistico di una pittura, quella di Cocco, recisamente stratigrafica. Un palinsesto di icone e di linguaggi affolla l’immaginario personale dell’artista», presi a prestito dalla letteratura, dal teatro (Beckett, Fellini) ma anche dai jeux d’enfants e dai fumetti, come nel caso della serie Peanuts. Articolato in tre sezioni, il percorso è concepito come un attraversamento negli stati della condizione umana e si declina non senza ironia e sarcasmo, al fine di sondare i confini liminali dell’esistenza e della memoria. Esso prende avvio dalle opere nate dal sedimentarsi di ricordi d’infanzia, che riflettono il rapporto tra libertà/autorità, sovversione/sottomissione; si sofferma poi sulla riflessione della «condizione umana dell’attesa, ora avvolta da un senso di sospensione e carica di aspettative e illusioni – come in Inutili attese – ora invece interrotta dal disvelarsi di una drammatica constatazione, come nella tela E poi trovarono il senso di tutto». Infine, tale percorso giunge all’acquisizione di una disincantata consapevolezza, come in Il grande bowling, che esemplifica l’immagine di un’esistenza imbrigliata in strutture preordinate. Tuttavia, all’ineluttabile insensatezza del vivere, l’opera Provaci ancora, fallisci meglio oppone una via di fuga, che si determina nel binomio vita-gioco, cui alludono elementi come i pattini, il cesto da basket, il dondolo, etc. La tela infatti «esprime l’esortazione a compiere instancabili tentativi e a integrare nella propria esperienza il fallimento, come momento di conquista e non di debolezza».

L’istallazione intitolata «Giostra, che campeggia lo spazio della grande sala, è il risultato di una fruttuosa collaborazione tra l’artista e i giovani ragazzi ACR di Saviano, prestati al gioco immersivo dell’arte. Sotto la guida di Francesco Cocco, durante un laboratorio artistico, questi hanno eseguito le decorazioni pittoriche degli aeroplanini, attingendo dal proprio repertorio immaginifico. L’azione performativa, ripresa da Simone Foresta mediante fotografie e video, riflette il desiderio di abbandono a una creatività spontanea e a un alfabeto pittorico essenziale, costituito da segni appartenenti e comprensibili a ciascun individuo».

Le citazioni sono tratte dal saggio Sentieri liminali dell’essere nella pittura metalinguistica di Francesco Cocco di Rosa Esmeralda Partucci.

Biografia

Francesco Cocco, nasce a Scafati (SA) nell’ottobre del 1968. Autodidatta, figlio di pittore e decoratore di interni, nutre sin da piccolo la passione per l’arte, che coltiva in maniera autonoma e incondizionata. Avviato alla pittura in tenera età, osservando il lavoro del padre, si forma al contatto del gruppo storico di Scafati, “L’officina”, del quale ha condiviso la ricerca per una nuova figurazione. Si accosta anche alle arti sceniche, partecipando ai laboratori teatrali di ricerca e di sperimentazione sulle pratiche della mediazione teatrale. Dal 2011 – anno della sua prima mostra personale – espone con assiduità in collettive e monografiche, definendo un percorso tutto improntato su una pittura meta-linguistica. La sua pratica pittorica sonda i territori del figurativo, con particolare attenzione al valore segnico di matrice espressionista, alternando immagini, simboli, numeri e lettere, ora in chiave ironica ora con accenti seri e meditativi. La sperimentazione cromatica si avvale di una tavolozza ricca e pastosa, che punta ad accostamenti vivaci ed eseguiti per stratificazione.

Info e contatti

Sabato Angiero Arte

Saviano – Viale Padre Girolamo Russo

tel. 338 866 6375

studiocomunicazione@gmail.com

www.sabatoangieroarte.com

“E se il cielo non nevicasse?”: il nuovo albo illustrato di Giorgio Volpe e Francesca Corso

“E se il cielo non nevicasse?”: il nuovo albo illustrato di Giorgio Volpe e Francesca Corso

Giorgio Volpe torna con un nuovo albo illustrato, edito da Gutenberg Edizioni, e illustrato dall’illustratrice veronese Francesca Corso: una collaborazione inedita concretizzatasi con la pubblicazione del progetto, in uscita il 30 Gennaio 2023. L’albo si intitola E se il cielo non nevicasse? e ci siamo fatti raccontare dagli autori la genesi del progetto e qualche altra piccola curiosità.

Intervista a Giorgio Volpe


Giorgio tu sei un autore che potremmo definire senza dubbio “iperattivo”. Ci racconti come si è evoluto il tuo percorso da autore, non solo per albi illustrati, negli ultimi anni?

A fare scattare in me la scintilla della scrittura è stato l’esame di Letteratura Italiana per l’Infanzia sostenuto nel febbraio 2012. L’esplosione, invece, l’ha generata la voglia di recitare in uno spettacolo di Teatro Ragazzi. Il Teatro Ragazzi, in Italia, è un teatro ahimè di nicchia. Alludo al Teatro Ragazzi, e non a spettacoli di animazione che molto spesso viene fatta passare per TR. Allora mi son detto: Bene. Me lo scrivo io. E nel 2013 ho iniziato a scrivere Martina & Nocciolino che nel 2014 ha debuttato a teatro e nel 2019 nelle librerie con le illustrazioni di Lucilla Tubaro. È stato il primo spettacolo prodotto dalla mia compagnia Giù di Su per Giù – teatro, e il mio primo libro di narrativa ad essere stato pubblicato. Un incontro è stato poi significativo per quello che oggi è il mio lavoro. Aver conosciuto Jacopo Serafini, attore, drammaturgo, scrittore, poeta e mio carissimo amico. Jacopo con le sue “pettinatine”, così chiamiamo le sue correzioni/osservazioni ai miei scritti, mi ha appassionato alla lettura oltre ad avermi indirettamente insegnato ed educato alla scrittura. Poi c’è stata la scrittura di un cortometraggio StandBy – l’attesa, realizzato nel 2018. L’ingresso nel regno dell’albo illustrato, invece, è iniziato con un messaggio ricevuto dall’illustratore (e oggi oltre che complice in arte anche amico) Paolo Proietti su Messenger. Il resto sono ad oggi quindi pubblicazioni e altre in arrivo. La scrittura è nata come un bisogno (volevo fare uno spettacolo) diventato poi anche un gioco. Un gioco non sempre semplice, che però diverte molto. Oggi mi occupo di letteratura per l’infanzia e teatro (non solo per bambini/ragazzi). Mi piacerebbe molto scrivere per lo schermo. Ideare un programma sulla falsa riga de L’Albero Azzurro, oppure Bear nella grande casa blu. Meraviglie! Chissà…

Nei tuoi racconti è sempre possibile cogliere sfumature e messaggi ben precisi. C’è una centralità rispetto alle tematiche che senti sia predominante nei tuoi lavori?

Solitamente, il seme di un mio racconto, è il tema di cui voglio parlare. Per Prima di dormire (2019 – Kite Ed.) è stato: la separazione; in E se il cielo non nevicasse? (2023 – Gutenberg Ed.) una storia d’amicizia. Ecc… Poi, una volta che la mia officina creativa inizia i lavori, il seme inizia a germogliare fino a sbocciare temi diversi che non sempre fanno solo da cornice a quello principale. Credo che, oggi, l’unico mio racconto “monotematico” sia Il senso che ho di me (2020 – IlCiliegio Ed.).

I tuoi albi, così come per Francesca, sono stati tradotti in più di dieci Paesi tra cui: Cina, USA, Corea, Francia, Spagna, Giappone, Lituania e Germania. Direi un ottimo riscontro per le tue storie anche fuori dai confini nostrani

Quanto sono fortunato ad essere pubblicato da editori che fanno viaggiare i libri nel mondo. Ogni volta che alla lista dei Paesi che hanno già acquistato i diritti esteri se ne aggiunge un altro è una gioia indescrivibile. Pubblicare negli USA è molto difficile, per uno poco conosciuto come me ancora di più. Quando Valentina Mai di Kite Ed. ha comunicato a me e Paolo che Prima di dormire usciva anche in America… incredulità, gioia… WOW! Vedere i propri racconti in altre lingue, nelle case di bambine e bambini che abitano a migliaia di km da casa tua è una soddisfazione immensa. Vedere poi come il testo viene contaminato/arricchito da altre culture è affascinante. Mi diverte molto vedere cambiare i nomi dei personaggi. Quik in America è diventato Hazel e in Francia Lino. Ricevere recensioni, messaggi privati da mamme portoghesi, francesi, cinesi che ti ringraziano ti fa sentire quasi in debito. A volte penso: Ma davvero mi merito tanto affetto? Rispetto a quello che ricevo (riconoscenza e stima) il mio lavoro mi sembra molto poco. Evidentemente mi sbaglio!

In “E se il cielo non nevicasse?” racconti una storia d’amicizia – all’apparenza – impossibile ma non solo… Un libro per bambini ma che sembra mirare a qualcosa di più. E’ così?

E se il cielo non nevicasse?, tornando alla seconda domanda, è un quadro carico di colori un po’ come un dipinto di Van Gogh. Il Van Gogh che dipinse in Provenza. Ogni colore, una sfumatura. Ogni sfumatura, un argomento diverso… argomenti che ruotano intorno al profondo legame di amicizia tra Sole e Neve. Il seme di questo racconto l’ho raccolto a Parigi, in una fredda e uggiosa domenica di febbraio in coda per entrare al Museo d’Orsay. Seme che è poi germogliato in volo da Roma a Madrid nel maggio del 2019. Ho voluto raccontare l’amicizia. Quanto essa riesce a metterci in difficoltà. Quanto bisogna amare per essere capaci a lasciare andare chi si ama. Un po’ come in Prima di dormire. Con una differenza… qui c’è una visione più ottimistica (l’amore riappare e scompare). Per amore intendo un bene incondizionato, onesto e sano: un’amicizia. Poi si parla anche delle ricchezze che offre l’alternarsi delle stagioni e della salvaguardia del nostro pianeta. E poi chissà cos’altro ci vedranno i lettori e le lettrici.

Viviamo in un mondo iper-connesso e bombardati da informazioni e messaggi, talvolta distorti. Come ti poni da questo punto di vista come autore di albi per giovani lettori e quali credi sia il ruolo degli autori rispetto alla formazione delle nuove generazioni?

Credo sia sbagliato demonizzare il mondo iper-connesso. Io lo trovo molto utile. Quasi tutti i miei collaboratori e collaboratrici le ho conosciute grazie a instagram piuttosto che facebook. Poi è molto utile per promuoversi. Dipende dall’uso che se ne fa. A volte diventa un po’ come voler evadere dalla città per rifugiarsi in un bosco nel mese di ottobre. Quando si ha voglia di evadere basta cliccare su “modalità aereo”. Io evado molto spesso andando in un caffè-libreria con il mio ideario, una penna/matita, un caffè e un paio di biscotti. Personalmente, nella formazione delle nuove generazioni (che responsabilità) mi pongo con l’organizzare quanti più eventi possibile dal vivo. Sono sempre pronto a partire. Incontrare i bambini e i ragazzi, soddisfare la loro curiosità è un gran gesto di generosità.

Dove potremo incontrarti con questa nuova uscita del 30 Gennaio, che coinciderà proprio con i Giorni della Merla?

In giro per librerie, teatri e luoghi di ogni tipo che dispensano e promuovono cultura. Conto di tornare in Francia per presentare i miei libri e fare il mio teatro (come ho fatto lo scorso dicembre a Parigi). E sogno di fare una presentazione a New York… magari presentando l’edizione americana de E se il cielo non nevicasse?

I giorni della Merla? Mi mettono allegria. Sono i giorni più freddi dell’anno. “Amo il freddo ma non la pioggia” (cit. E se il cielo non piovesse?, 2019 – IlCiliegio Ed.). Dei merli ve ne parlerà meglio Francesca, la persona che ha creduto in me e nelle mie parole dal primo momento che le ho scritto su ig.

Intervista a Francesca Corso


Sono passati quasi 3 anni dalle tue ultime pubblicazioni, rispettivamente con UovoNero e Il Leone Verde Edizioni ed ora stai per uscire con il nuovo progetto “E se il cielo non nevicasse?”, scritto da Giorgio Volpe. Cosa hai fatto in questo arco di tempo?

Dopo la prima pubblicazioni de Il Signor Erik nel 2019 con Uovonero, si sono susseguite una serie di pubblicazioni attente al trattare argomenti non sempre facili, con case editrici differenti, come La chitarra del nonno ( Il Leone Verde Edizioni_2019) che parla di una perdita familiare importante o come La mia mamma e il drago (Clavis,Il castello editore-2021) che va a toccare delle corde molto delicate, trattando con una cura e grande sensibilità la tematica della malattia, nello specifico, il tumore al seno. Lavorare a testi così non è sempre facile, soprattutto se sei molto sensibile ma il bello di questo lavoro è che puoi rimbalzare da una tematica a l’altra è questo ti permettere di essere sempre attivo a livello creativo ma anche emozionale. Ho lavorato anche a due fiabe di Andersen La principessa sul pisello riadattata in simbolo pcs (Uovonero-2021) e ad una fiaba, a cui tengo moltissimo e per cui l’anno scorso ho lavorato e studiato molto, che è Ole Lukøje per la casa editrice danese Han Christian Andersen che spero uscirà presto questo anno. Inoltre ho fatto qualche lavoro di copertina per Iperborea; ad oggi lavoro a dei piccoli libri illustrati per una casa editrice Australiana e ad altri progetti che spero vedranno la luce molto presto. Mi piace mantenermi creativamente attiva e questi progetti così diversi fra loro mi hanno permesso di poter lavorare su tanti aspetti. Ciò che mi colpisce in un testo quando mi viene proposto è l’emotività che suscita in me perché è proprio questa che mi aiuta a muovere tutti i fili sottili per la creazione di una narrazione illustrata convincente.

Dalle tue precedenti pubblicazioni si evince una certa riconoscibilità espressiva rispetto ai mondi che vai ad illustrare. C’è una continuità in questo senso anche per l’albo in uscita o è cambiato qualcosa nell’approccio e nell’espressività del tuo tratto?

Sono felice che mi parli di riconoscibilità espressiva perché è una delle cose a cui tengo di più quando lavoro. La “difficoltà” sta nel mantenere quella riconoscibilità in tutti i lavori. Ciò che mi preme in assoluto è il colore e la linea perché sono questi due elementi a permettermi di creare composizioni valide e sensibili. Vengo da una formazione artistica improntata totalmente sul pittorico per cui la mia ossessione deriva un po’ anche da lì credo, oltre al fatto che attingere dalla storia dell’arte e dalla natura mi permette di non essere mai banale (spero). La mia ricerca artistica è diventata nel tempo la mia priorità soprattutto perché ho sempre avuto nella mente l’idea chiara di ciò che il colore doveva fare, perché è il mezzo magico perfetto per esprimere la nostra anima. Ed è ancora più magico se lo si riesce ad utilizzare attraverso strumenti che si adattano alla propria espressione visiva e creativa. Per me per esempio questi strumenti sono i pastelli, perché mi danno la possibilità di creare atmosfere molto evanescenti e leggere dal gusto poetico e soffice. Mi piace tutto ciò che è “poetico” che ha a che fare con la sfera sensoriale, la natura e il mondo onirico. Ciò che però per me è altrettanto importante è l’emotività che riesce a trasmettere quel colore, linea o composizione. Anche nel nuovo albo E SE IL CIELO NON NEVICASSE? ho riportato tutto questo, perché è da qui che parto per pensare ad una nuova storia narrata per immagini. Mi sono sentita libera di esprimermi in tutto e per tutto, ho cambiato diverse volte molte cose, dai colori alla composizione, perché se io sono in cambiamento anche le mie illustrazioni lo sono, ma il testo era così poetico e ricco di stimoli che mi ha permesso di giocare con la fantasia come e quando volevo.

Nel 2021 viene selezionata per la mostra “Eccellenze italiane, la nuova generazione degli illustratori italiani per ragazzi” organizzata da Bologna Children’s Book Fair, come una dei 20 giovani illustratori emergenti più promettenti del panorama dell’illustrazione per ragazzi in Italia. Un bel traguardo, no? Quanto e come ha influito sul tuo percorso?

Quando ho saputo di essere stata selezionata per la mostra Eccellenze italiane ero incredula e infinitamente grata. È un riconoscimento che mi riempie di orgoglio! La mostra è itinerante e sta tutt’ora girando il mondo attraverso gli istituti di cultura italiana all’estero. Un onore! Sicuramente mi ha dato la possibilità di farmi conoscere maggiormente a livello artistico per il mio lavoro. Vedere le mie illustrazioni nelle varie capitali e città del mondo è stata un’emozione grandissima. Sono molto grata davvero.

In “E se il cielo non nevicasse?” i protagonisti sono molteplici e con caratteristiche molto ben definite. Ci racconti come sono nati questi personaggi e come ti approcci all’ideazione delle tue tavole in fase di progettazione?

Il testo di Giorgio mi è piaciuto sin da subito, perché non è descrittivo, ma anzi lascia al lettore la possibilità di viaggiare di pagina in pagina riflettendo su differenti tematiche. Ciò che amo nelle storie è proprio questo, il poter viaggiare con l’immaginazione e sicuramente la scrittura di Giorgio lo permette. Per me che piace giocare con metafore, simbologie, sogno e realtà è stato uno stimolo pazzesco per poter intravedere sin da subito due colori predominanti il colore caldo del sole quindi un giallo arancione in contrasto con i colori freddi della neve il viola, azzurro. Da qui ho iniziato a pensare a loro due attraverso il colore alle loro forme morbide. Il sole lo vedo come il più birichino, e a tratti fastidioso, ho pensato al solletico che i raggi mi fanno sulla pelle in estate e al tepore che mi dà in volto in primavera. L’ho pensato morbido ma con una folta chioma di capelli sempre in movimento i suoi raggi. L’ho pensato quasi come una delle figure della cultura indiana, imponente saggio. Per la neve la cosa è stata un po’ più difficile così candida, soffice silenziosa e dolce. Nel libro vengono affrontati i vari stati dell’acqua come cambia e muta la neve, ecco allora che l’ho immaginata come questa grande e morbida forma che può muoversi e mutare a seconda delle temperature. I suoi colori riflettono la luce nelle varie ore della giornata, il suo manto ha i toni del violetto e dell’azzurro che vanno a sfumarsi nel suo candido bianco. Ecco che allora avevo i miei due colori dominanti il giallo e il viola con tutte le loro sfumature ed è proprio sulla base di questi due colori che ho pensato alla nostra piccola protagonista. Mi piaceva che il libro fosse contaminato da varie culture ecco che la nostra bambina ha dei dolci tratti orientali ma ciò che la caratterizza maggiormente sono i suoi capelli viola che vanno a mescolarsi con i fondali e con la neve, mi piaceva che l’intero libro fosse circondato da questa atmosfera avvolgente e spero di esserci riuscita. I merlini mi hanno permesso di creare un dialogo più forte tra le pagine e crearli mi ha divertito moltissimo.

Tanti protagonisti ma, su tutti, i piccoli e amabili merli. Ci racconti come sono diventati così centrali nel nuovo racconto scritto da Giorgio?

La storia dei piccoli merli è curiosa e un poco triste. Iniziai a lavorare al testo de “E se il cielo non nevicasse?” in periodo pandemico, e anche nelle giornate più soleggiate c’era così tanto grigiore intorno a me che tutto ciò che poteva strapparmi un sorriso lo custodivo con tanta cura. Mi piace tanto osservarmi intorno e crearci delle storie, così un giorno mentre guardavo fuori dalla finestra di casa un piccolo merlo nero con un piccola penna grigia sul petto attirò la mia attenzione. Il piccolo merlo se ne stava lì nel mio giardino a fissarmi, per poi saltellare qua e là alla ricerca di piccoli vermi tra i vari fili d’erba. Io rimasi lì a guardarlo per tutto il tempo, aveva delle movenze così buffe che lo presi a cuore, e così ogni giorno per quattro mesi il piccolo merlo veniva a beccare nel mio giardino. Era un merlo così buffo che non gli si poteva non dare un nome e così lo chiamai Merlino, perché quel ciuffetto grigio mi ricordava la barba del famoso mago omonimo. Ormai era primavera quando iniziai a vedere qualche cambiamento in Merlino, pareva più stanco, il suo saltellare gioioso era più spento, il suo manto nero aveva preso a poco a poco il colore del ciuffetto grigio, spesso lo trovavo affannarsi al centro o in un angolo del giardino con il becco aperto. Ho provato a fare qualche ricerca su internet ad informarmi per capire come e se avrei potuto aiutarlo. Ma Merlino non tornò più a trovarmi. Non so cosa gli sia successo, voglio pensare che ora sia in qualche altro giardino a saltellare tra i fili d’erba e strappare sorrisi. Ed è così che mentre studiavo il testo di Giorgio pensai a quale animale viaggiava senza fermarsi in tutte le stagioni, e il Merlo era la risposta. Ecco perché ho voluto rappresentare Merlino in questo libro, per poterlo ancora vedere danzare e saltellare felice tra le pagine, per dare gioia ogni qualvolta che lo si vede, così come la dava a me. Ogni mio albo è una storia, ma non solo per quella racchiusa nelle pagine tra le parole, ma è una piccola parte del vissuto personale. Chi mi conosce riesce a trovarmi nelle tavole in tante cose: colori, linee, oggetti citazioni a persone, animali o cose, frammenti di me.

Arte/Studio Gallery – Benevento, dieci anni di eventi artistici

Arte/Studio Gallery – Benevento, dieci anni di eventi artistici

Sarà presentato Domenica 13 novembre 2022, presso la Rocca dei Rettori di piazza Castello – Benevento, il nuovo catalogo Gutenberg Edizioni, contenente il racconto dei dieci anni di attività dell’Arte/Studio – Gallery di Benevento che vede la curatela di Francesco Creta e un saggio critico di Rosario Pinto.

All’evento, con la presenza del Presidente della Provincia Nino Lombardi e il Consigliere Provinciale Antonio Capuano, interverranno i critici d’arte Francesco Creta, Rosario Pinto e l’artista Mario Lanzione (fondatore dell’Arte/Studio – Gallery).
Per l’occasione, l’Arte/Studio presenta la mostra Internazionale di Arte Contemporanea con opere di artisti che, in questi dieci anni di attività, hanno maggiormente collaborato con la Galleria.
Gli autori delle opere esposte sono: Cristobal Alcaraz Del Valle – Alberto Balaguer – Eva Borras – Raffaele Bova – Giulio Calandro – Beatriz Cardenas – Claudio Carrino – Gerolamo Casertano –  Maria Luisa Casertano – Biagio Cerbone – Franco Cipriano – Luigi Cola – Anna Coppola – Giuseppe Cotroneo – Maria Pia Daidone – Raffaella D’auria – Gelsomina De Maio – Giuseppe De Michele – Alessandro Del Gaudio – Carmine Di Ruggiero – Bruno Donzelli – Carmine Elefante – Giuseppe Ferraiuolo – Alberto Gallingani – Paola Giordano – Gruppo Lab – Nicola Guarino – Ana Hernandez Morote -J. Jesus Hernandez – Antonio Izzo – Maria La Mura – Mario Lanzione – Norberto Legidos – Jorge Lopez Marron – Fabio Mariacci – Mario Mascia – Alicante Mateos – Mauro Molinari – Italo Mustone – Enzo Navarra – Walter Necci – Ana Ortin – Viviana Pallotta – Francesco Peluso – Angelo Pescatore – Pietro Pezzella – Natallia Gillo Piatrova – Antonio Requena – Myriam Risola – Gianni Rossi – Miguel Ruiz – Antonio Salzano – Massimo Soldi – Jesus Susilla – Enzo Trepiccione – Ilia Tufano – Vittorio Vanacore – Paolo Viterbini e Fatemeh Zahab.

Fonte foto: patrimonidelsud.net, gv-images.viamichelin.com

Dal territorio alla Galleria

Arte/Studio Gallery nasce nel 2012, su iniziativa di Mario Lanzione. La galleria è stata fondata con l’intento di creare uno spazio di discussione che divenisse fin da subito punto di riferimento per il territorio, mescolando esposizioni di artisti ampiamente storicizzati a mostre di giovani artisti provenienti dal Liceo artistico cittadino e dall’ Accademia di Belle Arti di Napoli. Alcuni nomi storicizzati da ricordare, che saranno presenti con schede singole all’interno del volume, sono Carmine Di Ruggiero, ex direttore dell’Accademia di Napoli, e Bruno Donzelli, artista seguito negli anni da critici importanti come Crispolti e Dorfles.

Negli anni l’attenzione della galleria si è rivolta principalmente alla produzione di matrice astratta, sia geometrica che informale, diventando tra le altre cose spazio fondativo del Gruppo Astrattismo Totale, che da anni ormai si impegna per creare un accordo tra le due anime della produzione astratta. Ma allo stesso tempo in questo decennio le mostre che si sono susseguite negli spazi a pochi passi dall’Arco di Traiano hanno indagato non solo la produzione artistica contemporanea campana, ma anche le nuove emergenze internazionali che hanno trovato spazio nella rassegna Ispanica giunta alla terza edizione. Altra esperienza importante si è svolta lo scorso anno con le due mostre Contaminazioni Astratto/Materiche e Contaminazioni Astratto/Geometriche, dove l’anima informale e quella geometrica della ricerca astratta venivano messe a confronto.
Altra profonda attenzione è stata rivolta alla questione della critica, infatti le scelte del gallerista Lanzione sono state rivolte sia a nomi affermati della critica nazionale, come Giorgio Agnisola, Massimo Bignardi ed Enrico Crispolti, sia a nomi giovani che si sono affermati negli ultimi anni come Luca Palermo, attuale docente presso l’Università degli Studi di Cassino. Questa scelta ha prodotto un’alternanza non solo di stili critici nei testi scritti per le mostre, ma una varietà importante di stili di allestimento che hanno reso la galleria spazio metamorfico che ha adattato le sue pareti a queste visioni, alle volte, diametralmente opposte.

La scelta di rendere la galleria luogo di confronto tra critici è stata ampiamente manifestata nei primi anni della galleria con le mostre “Primo Vere” dove, in ogni primavera, quindici artisti venivano selezionati da cinque critici. Tutte le attività svolte dall’ Arte/Studio Gallery hanno portato non solo alla realizzazione di mostre ed eventi collaterali negli spazi della galleria ma anche un’importante serie di mostre esterne, che hanno avuto luogo in luoghi importanti della Campania come il Castello Doria ad Angri, le strutture museali del comune di Pompei, il complesso monumentale “San Felice” a Benevento e la galleria “Kouros” di Aversa, fino a due presenze consecutive all’Expo Arte di Bari nel 2012 e nel 2013.


Oggi più che mai per uno storico si pone la necessità di conservare i segni delle esperienze, soprattutto in un ambito come quello delle gallerie, spesso meno considerato dalla storiografia artistica, ma l’Arte/Studio Gallery – seppur in una dimensione ridotta rispetto ai grandi circuiti del mercato – dimostra che esistono luoghi che hanno conservato un’identità importante. Diviene dunque necessario conservare e indagare le aree interne e le esperienze di piccole dimensioni che possono rivelarsi fonti importanti per la storia artistica dei territori, oltre che fucina di innovazione slegata dal mercato.


La rassegna sarà aperta al pubblico fino al 30 novembre 2022 e sarà visitabile, dal lunedi al venerdi dalle ore 10,00 alle 12,00 e dalle 16,00 alle 18,00, il sabato e la domenica su appuntamento telefonando al n. 3339242084.