Quaranta opere che raccontano l’artista casertano Raffaele Bova, ove il vero e l’immaginario si fondono indistintamente per restituirci la bellezza della sua produzione che copre un arco di tempo vastissimo. Antologica 1972-2022: questo il titolo del ciclo delle sue opere in cui, Bova, racconta il suo vissuto dagli anni ’70-80 al 2022. In particolare, della fine degli anni 90, è l’attenzione dell’artista per le simbologie, i codici propri della sfera economica, dei mercati, delle merci, degli oggetti: l’idea di un processo globalizzante che si cela nei codici a barre. L’artista dimostra così il suo impegno attivo nel sociale fino alla grave pandemia mondiale del Covid-19 espressa nell’opera Pan demos. In questo snodo si evidenziano, inoltre, tre istallazioni, una delle quali dedicata al critico e storico d’arte Enrico Crispolti in occasione della sua morte.

Un primo appuntamento dedicato a Raffaele Bova e al suo ciclo di opere, curata da Ferdinando Creta e Massimo Bignardi si terrà presso la storica Biblioteca Provinciale di Salerno dal 22 febbraio al 29 marzo 2024. Il catalogo disegni e incisioni è a cura di Gutenberg Edizioni. Un secondo appuntamento è invece promosso dalla Provincia di Benevento in collaborazione con il museo FRaC e avrà luogo dal 1° marzo al 14 aprile 2024 al museo Arcos. Il catalogo dal titolo Antologica 1972-2022, per l’occasione, è sempre curato da Gutenberg Edizioni.

Il tratto inconfondibile, la punta di acciaio che scava la traccia dell’acido e l’ironia pungente, quale cifra pittorica sempre presente, raccontano Bova. Per comprendere l’essenza del suo modus operandi è essenziale ricordare l’importanza che, per l’artista, il disegno riveste e che per lui rappresenta un dialogo costante con il mondo quasi come un diario del suo vissuto quotidiano.

Meritevole è anche far cenno alla ricca serie di dipinti improntati alla narrazione della natura rigogliosa, della terra Felix del mondo romano e del suo trattato antropologico. Esso è evidente nel contatto continuo e profondo con la sua comunità che si evince proprio dal recupero delle tradizioni popolari contadine. Il suo sguardo di indagine arriva fino a raccontare quell’habitat dedicato alla terra dei fuochi, grande piaga della Campania, di cui il ciclo di opere si occupa a gran voce e che si esprime soprattutto nelle figurazioni dei venditori di cappelli.

Le parole di Bova sono essenziali per capire davvero la sua portata cosi innovativa, che ad oggi più che mai, si fa sentire. Quando sei sulla tela a dipingere sei dentro. Oggi attraverso questa mostra, per la prima volta mi osservo.

Le due mostre, inoltre, rappresentano uno spunto di riflessione su ciò che concerne la cultura contemporanea della nostra regione. La mostra antologica che ricostruisce cinquant’anni circa di operato – avverte Bignardi nel saggio che introduce la monografia pubblicata da Gutenberg Edizioni – si articola su due linee parallele: da una parte l’impegno sociale e attivo di Bova, dall’altro la passione per la pittura che arriva fino ad oggi.

RAFFAELE BOVA

Nasce a Frignano, in provincia di Caserta, nel 1946. Si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli dove è allievo di Domenico Spinosa. Nel 1970 con la partecipazione alla rassegna “Giovani Pittori”, allestita presso il Centro Sud Arte di Scafati, ha inizio la sua attività espositiva. Nel 1972 è tra gli artisti invitati a “Perché l’ironia?”, esposizione tenutasi nel Salone delle Mostre della Camera di Commercio di Caserta, con interventi critici di Crispolti, De Micheli, Marchiori, Vivaldi e Ruju. Nello stesso anno Bova allestisce due personali, una presso il Centro d’Arte CZ di Aversa, l’altra, intitolata Vita Morte (Miracoli) del Surrealismo: Raffaele Bova – Salvador Dalí, presso lo Studio Junk Culture di Caserta. Nel 1974 allestisce, invece, N.U. presso Il Guizzo di Caserta e, sempre in città, l’azione/performance Operazione CE(S2) O, anticipazione del suo impegno per il sociale e l’ambiente. In questa direzione, alla metà degli anni settanta, con Peppe Ferraro, Livio Marino, Aldo Ribattezzato e Antonello Tagliafierro, fonda il Collettivo Lineacontinua Terra di lavoro, operando intensamente, tra il 1976 e il 1979 nel territorio casertano, in collegamento con altri gruppi e singoli operatori estetici campani, la cui aggregazione riguardo alle problematiche del lavoro culturale rappresenta una delle vicende più interessanti della cultura artistica non solo meridionale. All’interno del gruppo Bova mantiene, comunque, una sua specificità, contraddistinto da una vena dissacratoria e provocatoriamente ironica nei confronti delle forme di potere, come testimonia, ad esempio il ciclo di opere e azioni dedicato alla Lira.

Gli anni ottanta, invece, si aprono con l’invito a partecipare alla sezione speciale, “Il tempo del museo Venezia”, curata da Ugo La Pietra, della Biennale di Venezia del 1980, nella quale espone Ricordi di una porta (Duchamp non c’entra) dalla toilette uomini della Biennale di Venezia, ricontestualizzando la toilette del Padiglione italiano, all’interno del percorso espositivo. Gli anni successivi segnano, come per molti altri compagni di viaggio, un graduale ritorno alla pittura, approdando ad una semantica piena di lirismo, grafismi e simboli alfanumerici, in bilico tra realismo e declinazione astratta. In questo periodo l’artista partecipa a mostre quali “Immaginario Riflesso”, curata da Massimo Bignardi, all’interno delle attività della Cattedra di Storia dell’arte contemporanea dell’Ateneo salernitano e allestita nel 1982, dapprima a Teggiano, in autunno al Museo Provinciale di Salerno, nell’ 1983 agli Arsenali di Amalfi e al Belvedere di San Leucio a Caserta; “Campania Felix ‘83”, rassegna curata da Enzo Battarra e allestita a Castel dell’ Ovo a Napoli; la “X Expo Arte” di Bari e a “Osservatorio Vesuviano. Ripe ‘86”, curata da Massimo Bignardi ed Enrico Crispolti, allestita nel centro storico di Ripe San Ginesio, nelle Marche.

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